Il fotone:
Struttura geometrica
Proprietà cinetiche
La funzione ondulatoria
§ 1. Quello che ci prepariamo a descrivere è lo schema geometrico di un
meccanismo infinitesimale, produttore di onde gravitazionali elementari, delle quali
abbiamo studiato nella precedente sez.III la legge matematica e funzionale di progressiva composizione
e conseguente estensione, dai campi subatomici fino a quelli dei sistemi galattici.
Struttura e funzionamento della particella ultima dell'universo fisico hanno la
propria ragione in se stessi, non essendo riconducibili per la stessa loro definizione di
"extremum physicum" a niente altro che sia fisicamente analizzabile. La
descrizione che ne diamo non nasce, ovviamente, dalla nostra fantasia, ma è il risultato
di un preciso iter verso la radice dei fenomeni: un percorso rigorosamente fisico e
insieme logico-matematico, che si compendia nella "equazione cosmologica". Ciò
è del tutto naturale per una mente raziocinante, anche se è invece estraneo a quel sommo
postulato dell'ignoranza programmatica, che è il "principio di
indeterminazione". Chi, d'altra parte, è devoto per una sua fede profonda a
tale ignoranza, smetta serenamente di leggerci. Ci preoccupa lo shock che proverebbe,
quando mostreremo sullo schermo agli infedeli, enormemente ingrandite e rallentate, la
struttura e la dinamica della particella elementare. cioè del fotone-gravitone, ovvero
dell'atomo assoluto.
§ 2. La geometria formale del corpuscolo fotonico va inserita in un
contenitore ideale rappresentato da un doppio toro geometrico, esterno e interno:
ne vediamo la sezione polare in fig.1 e quella equatoriale in fig.2.

Fig.1

Fig.2
Le due figure precedenti sono state realizzate sempre con Olopoiema, il cui
procedimento per tali figure, pur semplici in apparenza, è piuttosto complicato e perciò
lo omettiamo (salvo per qualche lettore che ce lo richiedesse per e-mail), in quanto non
necessario per il nostro discorso.
§ 3. Cominciamo dalle dimensioni reali del contenitore che abbiamo ora disegnato.
Nelle due figure sono mantenute le proporzioni effettive tra il toro centrale e quello
esterno (toro: superficie generata dalla rotazione di una circonferenza intorno a
una retta del suo piano che non la intersechi, nel nostro caso intorno a una retta
tangente).
Diciamo prima che, nelle misure lineari del mondo subatomico, i fisici civettano
usando come unità di misura - di rapporto al macrocosmo e da moltiplicare per le potenze
negative di 10 - il centimetro (cm) o addirittura il metro (m), quasi
ciò fosse il distintivo della loro competenza a paragone della limitatezza dei profani,
che nei raffronti con le cose piccolissime amano riferirsi al millimetro (mm). Per
questo motivo noi, in odio a tutte le corporazioni di "addetti ai lavori",
useremo nelle nostre misure il riferimento al millimetro.
Per esempio, la misura di 1 fermi è naturalmente la stessa, se viene indicata
come 10-13cm oppure come 10-12mm, ma nella percezione
mentale comune dell'estremamente piccolo è di più immediata efficacia l'espressione un
millesimo di miliardesimo di mm che un decimillesimo di miliardesimo di cm.
§ 4. Indichiamo con la lettera greca D (delta
grande) il diametro del toro esterno di figg.1 e 2.
Con un procedimento indiretto, che parte dalla velocità nota della luce c=300.000
km/s, siamo pervenuti a determinare il limite superiore del valore di D in 10-22mm. Il valore effettivo è,
peraltro, assai prossimo a tale limite, che assumiamo, perciò, come nostro riferimento
fisso nelle ulteriori determinazioni di misura del corpuscolo fotonico.
Rendiamoci prima conto del significato proporzionale di una simile misura rispetto ad
altre di confronto. Se poniamo in 1 Å (ångström), ovvero 10-7mm,
il diametro di un atomo e in 1 fm (fermi), ovvero 10-12mm, quello
di un protone, il diametro protonico risulterà 100.000 volte più piccolo del diametro
atomico e 10 miliardi di volte più grande del diametro fotonico D.
Un'idea più concreta delle proporzioni ci verrà dal supporre di ingrandire il
diametro del protone fino a farne quello di una sfera della misura di un chilometro.
L'atomo sarà allora una sfera avente un diametro di 100.000 km, grande quasi
quanto il pianeta Saturno (diametro medio 114.000 km), mentre il diametro del toro
fotonico misurerebbe solo un decimillesimo di mm.
§ 5. In un mondo di tale estrema piccolezza ci guida la stessa equazione cosmologica
con la quale abbiamo finora già percorso le vie dell'universo macrocosmico.
Quest'universo non potrebbe essere quale è in effetti in tutte le sue forme e strutture,
se la particella ultima che ne costituisce il fondamento fosse diversa da quella che noi
descriveremo matematicamente. Con un approccio necessariamente graduale le caratteristiche
geometriche e cineto-dinamiche della particella elementare illustrate via via per singoli
elementi convergeranno alla fine in un quadro animato straordinariamente sorprendente.
Chiamiamo con la lettera greca t (tau) un tempuscolo
estremamente piccolo, del quale daremo in seguito il valore, corrispondente a 1/5
della durata della rotazione fotonica. Siano d (delta
piccolo) = 0,5 D (raggio fotonico, raggio del toro
esterno), e (epsilon) = 0,5 d =
0,25 D (raggio di una "camera emissiva", come chiariremo tra poco) , u (ypsilon) = 0,0673 D (raggio
del toro interno o diametro di una "camera ondogenetica").
§ 6. Con questi dati immessi proporzionalmente in Olopoiema, Propagazione verde
(fig.3), cliccando 4 volte "Avanti", e poi, passando per lo "Stop", in
Propagazione nera (fig.4), cliccando una sola volta "Avanti", si ottiene
la fig.5. Cliccando successivamente "Avanti" sempre una sola volta, si avranno
le figure 6 e 7.

Fig.3
Fig.4
La fig.5 mostra la sezione equatoriale del doppio toro fotonico (la cui sezione polare
abbiamo vista in fig.1), in rotazione visualmente oraria intorno al proprio asse centrale,
col Sud sopra lo schermo e il Nord sotto. Solidale con la rotazione fotonica si
rappresenta la "gestazione" di un'onda sferica, che muove da una "camera
ondogenetica" sferica contenuta nel toro interno, è alimentata -
"insufflata" (sez.III, La propagazione "primigenia") - lungo il
proprio diametro e costretta a ruotare con la stessa velocità angolare della struttura
fotonica.
Fig.5
La figura visualizza lo sviluppo dell'onda in tre t
successivi, dei cinque della durata complessiva della rotazione, in ognuno dei quali il
diametro dell'onda descrive un angolo di 72°. Al termine del percorso totale di 216°
l'onda occupa interamente una "camera emissiva", anch'essa sferica, tangente
interna all'orizzonte fotonico, ossia alla circonferenza massima del toro esterno.
In quell'istante essa si separa dalla struttura fotonica che l'ha alimentata: il
fotone-corpuscolo segue il suo commino traslatorio nello spazio e l'onda rimane sola a
ruotare indefinitamene e a propagarsi intorno al punto assoluto dello spazio
corrispondente alla posizione del centro fotonico nell'istante dell'emissione.
§ 7. Bisognerà ora fare la massima attenzione all'analisi del processo conseguente,
indicato nelle figure 6 e 7. Queste mostrano impropriamente, ma solo per facilità di
comprensione, ancora insieme le due fasi del fenomeno: quella precedente all'emissione e
quella, invece, che segue ad essa ed ha una diversa modalità.
Dopo il momento dell'emissione, come illustrato nel paragrafo precedente, la struttura
fotonica, rappresentata dai due tori in colore rosso, dovrebbe essersi allontanata
dall'onda appena emessa: il che non appare nei due disegni. Dell'onda emessa la fig.6
presenta la posizione assoluta nello spazio dopo un t
successivo all'emissione e la fig.7 la sua posizione dopo il primo e il secondo t susseguenti all'emissione. A questo punto si richiede un
complesso confronto tra le due fasi anzidette del processo di emissione, che rende utile
l'improprietà grafica avanti rilevata.

Fig.6

Fig.7
§ 8. Durante la gestazione dell'onda all'interno dell'orizzonte fotonico, l'estremo
rotante del diametro dell'onda è dotato di due movimenti: uno circolare e uno radiale,
che gli fanno percorrere la spirale logaritmica disegnata nelle figg.5, 6 e 7 e regolata
dall'equazione cosmologica per il valore a'/a=0 (assenza della seconda sorgente a').
Di tale spirale, come di ogni logaritmica, il programma Olopoiema calcola l'angolo
acuto Z che una tangente forma con un raggio nel punto di tangenza (sez.III, La
gravitazione ondulatoria, cap.IV b), parte prima, § 2). Esso compare sempre
nella finestra Visualizza Valori ed è, nel nostro caso, di 61,987623°.
Chiamiamo B l'estremo rotante suindicato e calcoliamo le tre velocità del suo
moto col parallelogramma che le compone. Al momento dell'emissione la velocità del moto
circolare Vcir è:
Vcir = 2p d /(5t )
Per un motivo che vedremo, ci conviene esprimerla in funzione di e
al posto di d :
Vcir = 4p e /(5t ) = 0,8p e /t
Sottintendiamo per questi valori di velocità ondulatorie l'espressione e /t , di cui determineremo tra poco
il significato. Avremo quindi:
Vcir = 2,513274
Il parallelogramma delle velocità è, in questo caso, un rettangolo che ha per lati Vcir
e la velocità radiale Vrad , mentre la diagonale è la velocità
spirale Vspi , essendo Z l'angolo acuto compreso tra Vspi
e Vrad .
Ne segue che, al momento dell'emissione, si ha:
Vrad = Vcir / tgZ = 1,33702797
Vspi = Vcir / senZ = 2,8467859
§ 9. Questi indicati ora sono i valori massimi di velocità raggiunti dal punto B
dell'onda nel suo moto centrifugo all'interno del fotone, nell'istante in cui ha toccato
l'orizzonte fotonico. Dopo l'emissione e il distacco dell'onda dal centro fotonico i tre
valori si stabilizzano in modo definitivo, sicché B seguirà la spirale
logaritmica con una Vspi divenuta costante, e lo stesso dicasi per le
altre due, percorrendo archi linearmente eguali in tempi eguali.
Nel primo tempuscolo t successivo all'emissione
l'arco percorso è quello che in fig.6 circoscrive il triangolo rettangolo costruttivo
della spirale: il triangolo, cioè, il cui angolo acuto con vertice nel centro fotonico
vale arccosj (sez.III, L'Equazione Cosmologica) e
l'ipotenusa è dF (ivi, § 2; d
è il raggio fotonico: v. precedente § 5).
Poiché, nella spirale logaritmica, ad archi linearmente eguali corrispondono eguali
incrementi radiali, e cioè la Vrad è costante, possiamo da questa, che
ci è nota dall'equazione cosmologica, ricavare le altre due velocità di B dopo
l'emissione, anch'esse costanti.
Nell'onda fotonica emessa l'incremento radiale è dj :
in fig.6 è il segmento di ipotenusa esterno all'orizzonte fotonico. In funzione di e tale incremento è 2ej ,
ovvero 2*0,618034e = 1,236068e .
Eliminando, come s'è detto, la notazione e /t , si ha, dopo l'emissione:
Vrad = 2j = 1,236068
Vcir = Vrad tgZ = 2,32349
Vspi = Vrad /cosZ = 2,63182
§ 10. Confrontando i valori delle tre velocità al momento dell'emissione (§ 8) e
dopo l'emissione (§ 9), si rileva che essi subiscono tutti e tre, come è naturale, dal
distacco dell'onda dal centro fotonico alimentatore una brusca benché lieve diminuzione,
assumendo un carattere di definitiva costanza durante la successiva propagazione dell'onda
nello spazio.
Ecco il prospetto di prima e dopo l'emissione:
Vcir = 2,513274; 2,32349
Vrad = 1,33702797; 1,236068
Vspi = 2,8467859; 2,63182
§ 11. Dobbiamo ora definire la notazione e /t , che abbiamo finora sottintesa, ma che serve a conferire un
significato concreto ai valori delle velocità ondulatorie.
Riprendiamo il § 5 del titolo L'Equazione Cosmologica (sez.III) e il §
1 del cap.II di "Ed ecco quindi..." (sez.I), dove si osserva che i due
estremi del diametro D di un'onda primitiva percorrono durante la successiva
propagazione due spirali logaritmiche a velocità costante, maggiore dalla parte della
sorgente minore e minore dalla parte di quella maggiore.
Nella propagazione fotonica (e, approssimativamente, in quella composta fondamentale,
che le rassomiglia: sez.III, La gravitazione ondulatoria, cap.II, § 2) la spirale
di propagazione è una sola, perché il baricentro coincide con un estremo di D,
cioè con la sorgente maggiore, che è lo stesso centro fotonico, e la minore è assente
(o molto piccola, nella propagazione composta fondamentale).
Occupiamoci della spirale seguita dell'estremo B (§ 8) di D
corrispondente alla sorgente minore (teorica nel fotone), quella percorsa a velocità
maggiore. Tale velocità, sempre costante, è regolata da una formula universale, che la
fa diminuire a misura che il rapporto a'/a cresce da zero, nel fotone (e,
all'incirca, nella propagazione fondamentale), fino a 1, nell'equintensità.
Chiamiamo Vsf il valore massimo di Vspi dato alla
fine di § 9, precisamente per la velocità costante di B nella propagazione
fotonica dopo l'emissione, e Vsg quello generale per qualsiasi
propagazione, primigenia (fotonica) o composta. Si avrà allora, completando con la
notazione prima sottintesa:
Vsf = 2,63182e /t
Vsg = [1 + (2,63182 - 1)(a - a') /a] e /t
Questa formula dice che Vsg varia da Vsf
per a'=0,
appunto nella propagazione fotonica (dove a'/a = 0), fino a e
/t per a'=a nell'equintensità (dove a'/a=1).
§ 12. Passiamo ora a precisare il significato della notazione che si aggiunge ai
valori di velocità. Essa è il limite del fenomeno illustrato graficamente nelle figure
da 8 a 11, nelle quali si fa variare solo il valore a'/a, da zero
(approssimato per evitare l'errore del computer) della propagazione fotonica verso
l'equintensità, dove quel rapporto vale 1. Abbiamo eliminato il disegno dell'onda
di propagazione (con l'azzeramento di D2), lasciando solo i diametri delle sue
successive posizioni a intervalli di tempo sempre eguali. Il segno meno in R0
è un accorgimento convenzionale per assegnare il valore indicato al diametro dell'onda,
che rimane costante, invece che al raggio di spirale. Cliccando il valore di AA si
legge in basso l'angolo costruttivo corrispondente al rapporto a'/a e ciascun
disegno si ottiene cliccando 4 volte "Avanti".
Nelle quattro figure la lunghezza degli archi di spirale rettificati è proporzionale
alla velocità spirale Vsg regolata dalla formula del paragrafo
precedente e si legge nella finestra Visualizza Valori come secondo dato della riga
LU. L'unità di misura è il raggio dell'onda primitiva (R0/2). Riportiamo i
quattro valori rispettivi, aggiungendo ad ognuno la notazione in questione:
2,631824e /t
(cfr. Vsf
nel § 11) ; 2,305459e /t
; 1,944574e /t ; 1,489547e /t .
Tali valori tendono verso 1e /t
al tendere di a'/a verso 1 e dell'angolo costruttivo verso zero,
cioè verso l'equintensità. Come abbiamo già precisato, essi vanno letti sulla spirale
relativa alla sorgente minore, cioè su quella delle due percorsa a velocità maggiore (§
11).

Fig.8

Fig.9

Fig.10

Fig.11
§ 13. E' molto interessante osservare il comportamento grafico delle due spirali in
relazione ad a'/a e all'angolo costruttivo, che appare in basso alla finestra.
C'è una sola spirale nella propagazione fotonica (fig.8 e § 11). Negli altri casi le
spirali sono due, ma per un angolo costruttivo di 30 gradi esatti la spirale della
sorgente maggiore si sovrappone esattamente a quella della sorgente minore, formando con
essa una curva unica: lo si vede chiaramente nella fig.10. Se l'angolo costruttivo è
maggiore di 30°, la spirale della sorgente maggiore (dal lato del raggio minore) corre
all'interno dell'altra (fig.9); se quell'angolo è minore di 30°, avviene il contrario
(fig.11). Tale caratteristica ha un'importanza grandissima nei fenomeni naturali (sez.III,
La gravitazione ondulatoria, cap.VI; sez.XII, La simmetria speculare).
Occorre avvertire, a questo punto, che le velocità ondulatorie non possono in alcun
modo essere determinate sperimentalmente, bensì solo col nostro metodo logico-matematico,
perché tutti i moti osservabili - anche quelli rotatori - sono da riferire esclusivamente
a fenomeni corpuscolari, i cui inviluppi strumentali assumono spesso, soprattutto in
ambito microcosmico, aspetti ondulatori. Le onde gravitazionali, come più volte abbiamo
sottolineato, sono il supporto intermateriale di eventi e strutture e non sono
intercettabili da strumento alcuno. Le ridicole apparecchiature predisposte all'uopo dalla
fisica teorica contemporanea darebbero un segno certo di captazione di onde gravitazionali
solo se quei fisici decidessero di farsele cadere sulle proprie teste.
Ciò premesso, possiamo finalmente chiarire la relazione che intercorre tra le
velocità di cui stiamo parlando e la velocità limite dei corpuscoli fotonici nei loro
moti traslatori attraverso lo spazio: la cosiddetta velocità della luce nel vuoto.
§ 14. Nel cap.IV a), parte seconda, § 22, della sez.III abbiamo detto che il
valore limite di a'/a nella transizione dall'eccentricità alla concentricità non
è quello dell'equintensità assoluta, cioè 1, perché in tal caso la spirale
logaritmica, con angolo costruttivo uguale a zero e Z=90°, degenerando in
una circonferenza non consentirebbe più alcuna propagazione. Al limite effettivo (a'/a=0,978375273747)
la formula della Vsg di § 11 dà un arco di logaritmica che vale 1,035288,
pari all'arco della spirale d'Archimede che la sostituisce (misurato da noi con altro
programma) tra i primi due fronti d'onda della concentrica costruita in proporzione
(fig.12). Questi due fronti sono due posizioni dell'onda sferica concentrica accresciuta
di una eguale superficie (raggi proporzionali alle radici quadrate dei numeri interi:
cap.IV a), parte prima, § 5): posizioni separate dallo stesso tempuscolo t che intercorre tra le successive emissioni d'onda del fotone
e che abbiamo indicato come eguale a 1/5 del tempo della rotazione fotonica.

Fig.12
Tutto ciò significa che il limite reale delle velocità ondulatorie lungo la spirale
logaritmica della propagazione eccentrica - la spirale della sorgente minore -, dalla Vsf
fotonica verso l'equintensità, è lievemente superiore a e
/t, essendo precisamente 1,035288e
/t.
§ 15. Nel cap.IV b), parte prima, §§ 12 e segg., della sez.III abbiamo
illustrato la funzione della propagazione eccentrica come "rete viaria", attrattiva
e vorticosa (v. Sommario del sito), dei moti traslatori di corpi e
corpuscoli attraverso lo spazio, e nel cap.III b) della sez.I si è visto come
l'etere eserciti al tempo stesso una lievissima forza resistente a quei medesimi moti,
erroneamente letta dalla fisica corrente come "aumento relativistico di massa" e
causa reale, invece, del limite della velocità corpuscolare rappresentato da c e
pari a circa 300.000 km/s.
Risulta ora evidente che le velocità ondulatorie lungo la spirale logaritmica della
propagazione (la spirale della sorgente minore), diminuendo col crescere di a'/a
verso l'equintensità fino al valore limite indicato al paragrafo precedente, riducono con
la curvatura crescente della propagazione stessa l'accelerazione gravitazionale dei moti
traslatori, la cui velocità non può quindi superare la minima velocità ondulatoria. Ne
segue che i due limiti teorici coincidono: che, cioè, e /t sia, al tempo stesso, il limite inferiore cui tendono le
velocità ondulatorie lungo la logaritmica e quello superiore delle velocità traslatorie
dei corpi nello spazio.
In definitiva, possiamo affermare che e /t = c.
§ 16. Poiché abbiamo assegnato a e il valore di 0,25
D , ovvero di 0,25*10-22mm (§§ 4-5), si
determina anche il valore di t, la più piccola
dimensione temporale, con la proporzione
e
: 3*1011mm = t
: s, da cui
t
= e s /(3*1011) = (0,25 /3)*10-33s
= 0,8333...*10-34s
La durata di una rotazione fotonica è, dunque,
5t = 4,1666...*10-34s
La velocità di rotazione lungo l'orizzonte fotonico (§ 8) è
Vcir = 2,513274 e /t
,
ovvero Vcir = 2,513274 c
Conseguentemente, tutte le velocità del prospetto di § 10 sono coefficienti di c.
Se, tornando alla fig.5, immaginiamo che il corpuscolo fotonico si sposti nello spazio
"vuoto" lungo il proprio asse (nella figura, perpendicolare allo schermo nel
centro fotonico), si ha, da tutto quanto precede, che esso percorre alla propria velocità
traslatoria c una distanza pari ai tre quarti del proprio diametro durante i tre
quinti della sua rotazione ivi rappresentati, cioè nel tempo di
3t
= 2,5*10-34s
Percorrerà una distanza pari al proprio diametro durante quattro quinti di rotazione,
cioè in
4t
= 3,3333...*10-34s
§ 17. Rileggiamo ora il § 6, riferendolo alla fig.13, che riproduce la fig.5 di quel
paragrafo, rimpicciolita di poco e ruotata di 18° in senso orario. Per costruirla, usiamo
Propagazione (nera) coi valori di sinistra, cliccando quattro volte
"Avanti", e poi, passando attraverso lo "Stop", Peopagazione (nera,
seconda), coi valori di destra, cliccando una sola volta.


Fig.13
Diamo un nome alle quattro posizioni dell'onda internamente all'orizzonte fotonico,
fino all'emissione. Esse sono distanziate angolarmente di 72° e temporalmente di 1t . A partire dalla nascita nella camera ondogenetica, le
chiameremo rispettivamente "Risveglio" (Rs), "Veglia 1" (V1),
"Veglia 2" (V2), "Emissione" (Em). Una quinta posizione
angolare, vuota di onda, la si immagini a 72° dopo Em, sempre in senso orario,
ovvero a metà distanza angolare tra Em e Rs, e si chiamerà
"Riposo" (Rp). Così come è ora orientata, la figura presenta Rp
a 270° orari (o 90° antiorari).
§ 18. L'onda in Em è da quell'istante autonoma dal fotone (rosso) in moto di
trasferimento, che perciò scompare dalla fig.14. In questa sono disegnate tre posizioni
della stessa onda dal momento dell'emissione, separate da due t
come in fig.7: l'onda sferica ruota indefinitamente intorno al punto assoluto di
emissione, come è detto ai §§ 6-7, mantenendo per sempre inalterato nello spazio il
proprio piano equatoriale, qui rappresentato dal piano dello schermo. Gli archi percorsi
dall'estremo del diametro lungo la spirale logaritmica sono linearmente eguali.

Fig.14
Ritorniamo in fig.15 al momento finale di fig.13: sono state perciò eliminate le tre
posizioni dell'onda precedenti l'emissione.

Fig.15
L'orizzonte fotonico sembrerebbe in quel momente contenere la sola onda in emissione,
ma in realtà, come si vedrà subito dalle successive figg.16 e 17, esso ne contiene
quattro diverse, una per ciascuna delle fasi indicate al paragrafo precedente e ognuna
alimentata da un diverso "braccio" della struttura fotonica. Questa è pentaradiale,
come una stella marina: il quinto braccio si trova nella fase di Rp.
§ 19. Prima di illustrare le caratteristiche delle figg.16 e 17 e le implicazioni
successive, dobbiamo fare una considerazioe preliminare. Nella NOTA
all'aggiornamento del 1° Marzo 1999 in sez.IX (Programma operativo) abbiamo
definito non a caso "inimmaginabile" il meccanismo funzionale della particella
elementare che stiamo descrivendo.
Ciò significa letteralmente, che, se non fosse vero, noi - come chiunque altro - non
avremmo potuto assolutamente "immaginarcelo", perché esso appartiene a un
livello ideativo superiore per innumerevoli ordini di grandezza a qualsiasi possibile
immaginazione o fantasia. Il nostro merito, che è di averlo scoperto nella legge
fondamentale di natura, è di gran lunga inferiore all'intelligenza che avremmo dovuto
possedere per "inventarcelo".
Questa dichiarazione, che i lettori potranno verificare col proprio giudizio, si pone,
in altri termini, come una "prova ontologica" della realtà di ciò che andiamo
a descrivere. Una realtà che, tuttavia, indipendentemente da tale prova, è dimostrata
dal contesto generale del discorso da noi svolto sulla strutturazione dell'universo in
ogni sua parte ed ambito: se la particella ultima non fosse così come la descriviamo,
l'universo non potrebbe essere quello che è.
§ 20. Riprendiamo la trattazione dal § 18. La fig.16 presenta già l'intera
geometria equatoriale del fotone vista dal polo Sud della rotazione fotonica (§ 6),
supposta oraria. La fig.17 ne dà la vista Nord, con rotazione antioraria. Daremo in
seguito le istruzioni per la costruzione delle due figure.

Fig.16
Fig.17
I termini già usati di "camera ondogenetica" e "camera emissiva"
si riferiscono a sfere ideali contenenti rispettivamente un'onda in formazione, al limite
inferiore di un braccio, entro il toro interno, e un'onda in emissione, tra il centro e
l'orizzonte fotonico. Ci sono, quindi, cinque camere ondogenetiche nel toro interno e
cinque camere emissive in quello esterno, geometricamente ideali e perciò non disegnate.
Il fotone di fig.16 è - per così dire - fotografato nell'istante in cui,
contemporaneamente, un'onda in Rs nasce nella camera pertinente al braccio nord
(secondo la rosa dei venti) e un'altra in Em è emessa dal braccio nord-ovest. Una
terza onda in V1 viene alimentata dal braccio sud-ovest e una quarta in V2
dal braccio nord-est. Il braccio sud-est è in Rp. In fig.17 le fasi genetiche sono
viste dal Nord dell'asse fotonico (non lo si confonda con le precedenti direzioni
convenzionali della rosa dei venti) e appaiono ribaltate, perché ora la rotazione del
fotone è antioraria.
La contemporaneità istantanea dell'emissione e del risveglio di due onde comporta
che, durante la gestazione, le onde effettivamente alimentate dai bracci sono tre e non
quattro, come apparirebbe dalle due figure. Vedremo chiaramente tra poco lo sviluppo
dell'intero processo: ora limitiamoci a osservare che le cinque fasi si succedono da un
braccio all'altro secondo il tracciamento di una stella a cinque punte, ovvero di un pentagono
stellato, e in modo retrogrado rispetto al senso di rotazione del fotone. E'
importante, per la piena comprensione del discorso che segue, verificare questa proprietà
in entrambe le figure.
§ 21. Nelle due figure il senso di rotazione del fotone - orario in fig.16 e
antiorario nell'altra - è indicato dalla spirale che l'onda emessa seguirà nello spazio.
La nascita di un'onda, cioè la fase Rs, nella sua camera ondogenetica avviene nel
braccio che precede nella rotazione quello che contemporaneamente emette la propria onda.
L'onda emessa, dunque, disegnata nelle due figure per motivo di comprensibilità delle
fasi, scompare in realtà dall'interno fotonico nel momento stesso della comparsa
dell'onda in Rs, come abbiamo già detto, mentre tuttavia prosegue la sua
propagazione nello spazio libero, come è spiegato nel § 18 e nella relativa fig.14. Le
figg.18 e 19 rappresentano appunto la situazione vera dell'interno fotonico nel momento
del distacco e dell'autonomia dell'onda in Em dal suo centro d'impulso.

Fig.18
Fig.19
In entrambe le figure due bracci su tre sono privi di onda, come avevamo preannunciato
nel paragrafo precedente, ma in un diverso momento di tale mancanza.
Siamo ora pervenuti al passaggio finale del nostro iter verso il cuore infinitesimo
della materia: sarà necessario prestare la massima attenzione ai particolari di ciò che
stiamo per dire, nei quali si rivela la perfezione - ripetiamo - "inconcepibile"
della dinamica ondulatoria della particella fotonica, che è il fondamento ultimo ed unico
delle leggi universali, radice al tempo stesso dell'unità e dell'infinita complessità
dell'Universo.
Il braccio nord-ovest di fig.18, che ha appena emesso la sua onda, è all'inizio di un
periodo di sonno della durata di 2t e due quinti
di rotazione oraria (144°), fino al risveglio di una nuova onda alla sua base nella
direzione nord-est. Denominiamo SO ("sonno") tale periodo, di cui la fase
Rp rappresenta il punto mediano, attraversato dal braccio sulla direzione nord.
Superato SO il braccio entra in un restante periodo di veglia della durata
di 3t e tre quinti di rotazione (216°), passando per le
fasi V1 e V2 dell'onda che esso alimenta, fino all'emissione di tale onda
nella stessa direzione nord-ovest della precedente emissione. Chiamiamo VE
("veglia") il periodo di attività.
Il braccio sud-est, invece, è a metà del suo SO, cioè nella fase Rp,
avendo emesso la propria onda nella direzione nord-est, e avrà il suo Rs dopo 1t e un quinto di rotazione (72°) nella direzione sud-ovest.
Gli altri tre bracci sono nel rispettivo periodo VE, e precisamente: quello
nord in Rs emetterà l'onda ora nata in direzione sud-ovest, dopo una rotazione di
216°, passando per V1 e V2 e proseguendo poi in condizione SO fino a
un nuovo Rs, che avverrà nella stessa direzione nord del precedente Rs;
il braccio sud-ovest è in V1; quello nord-est, in V2.
Spetterà ai lettori applicare alla fig.19 il discorso ora fatto, tenendo conto
dell'inversione del senso di rotazione e del ribaltamento delle posizioni di fase rispetto
alla fig.18.
§ 22. La difficoltà oggettiva, salvo che per particolari capacità mentali, di
visualizzare nella propria fantasia il risultato cinetico reale e continuo della
descrizione ora fatta verrà superata con la visione concreta - che tra poco offriremo ai
lettori - del moto della particella, enormemente rallentato, e della gestazione
ondulatoria al suo interno. A quel punto tutti gli elementi da noi forniti sulle
proprietà geometriche e cineto-dinamiche del fotone saranno facilmente e direttamente
verificati da ciascuno con un solo colpo d'occhio.
Prima dobbiamo, però, precisare altri importanti dettagli del fenomeno, per
raccoglierne più chiaramente le fila nel momento conclusivo della trattazione. Facciamo
seguire, pertanto, un compendio delle proprietà della particella, che i lettori dovranno
attentamente controllare una per una durante il moto rallentato, così come viene
visualizzato dall'immagine di fig.20, per poter comprendere e valutare appieno la
straordinaria bellezza ideativa di quel funzionamento (§ 19):
1) Ciascuna fase si ripete per ciascun braccio ad ogni rotazione completa dello stesso
braccio.
2) Il risveglio in un braccio qualsiasi coincide esattamente nel tempo con l'emissione
di un'onda dal braccio che lo segue nella rotazione (§ 21). Sull'apparente scomparsa
dell'onda emessa, che invece continua a propagarsi nello spazio intorno al punto di
emissione, v. §§ 20-21.
3) Per ogni giro del fotone le onde emesse sono cinque, distanziate temporalmente di 1t l'una dall'altra.
4) Le emissioni si succedono con un angolo di 144° retrogrado rispetto al senso di
rotazione, orario o antiorario, del fotone e seguono il tracciamento di un pentagono
stellato (cfr. § 20): in tale geometria due onde emesse successivamente hanno la massima
distanza angolare possibile tra loro.
5) Supponendo il fotone in traslazione lungo l'asse polare (§ 16), le cinque onde
emesse ad ogni giro si distribuiscono col rispettivo piano equatoriale su cinque palchi
successivi, su cui i loro bracci alimentatori formano una stella a struttura "embriciata":
ovvero, non su un piano unico, ma su cinque piani sovrapposti come "embrici"
(tegole). Tale proprietà avrà il suo esito in numerosissime forme naturali
pentagonali, come nella disposizione dei petali nelle Angiosperme,
delle foglie dell’Agave o dell’Aloe,
secondo il tracciato continuo di un pentagono stellato.
In tali forme naturali l’asse di
traslazione, ovvero l’asse di crescita, ruota tra la foglia o petalo nascente e
la precedente foglia o petalo di un angolo pari a 6,5° = 144° - 360° * φ2.
Ciò comporta che l’angolo
di divergenza risulti di
137,5° = 360° * φ2,
invece che del valore originario di 144°.
§ 23. Siamo così giunti al momento di assistere visivamente nella fig.20 a) e
b) al moto rotatorio rallentato e al processo della funzione ondulatoria della
particella elementare: il corpuscolo fotonico, componente unico e ultimo della materia
universale. Le due parti di fig.20 visualizzano, rispettivamente, la vista Sud e Nord
della stessa particella, cioè il senso orario di rotazione dal polo Sud del fotone e
quello antiorario dal polo Nord.

Fig.20 a)
Fig.20 b)
Il movimento che state vedendo si svolge, in realtà, in base ai valori determinati
nel § 16, con le modalità seguenti:
Una rotazione completa del fotone dura 5t , ovvero 4,1666...*10-34s.
Ne segue che in un secondo il fotone compie, alla velocità circolare di 2,5 c, un
numero di giri pari a 1034 /4,1666..., che si può risolvere in 10*1033
/4,1666...e cioè 2,4*106 *109 *109 *109
(2,4 milioni di miliardi al cubo).
Il numero delle onde emesse in un secondo è di cinque per il numero dei giri, ovvero
12 milioni di miliardi al cubo, distribuite lungo la traslazione del fotone nello spazio
alla velocità c su 300 miliardi di millimetri: ossia 40 mila miliardi di miliardi
per millimetro di percorso.